LombardoRadice·L • infinito A • Appendici

Appendici



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A. Appendici [pp. 121-138]
[A.1] I. Dio: un presente o un futuro? [pp. 123-131]
[A.2] II. Osservazioni critiche sui metodi dialettico-materialistico e storico-materialistico [pp. 132-138]
[A·2·1] 1. La rilevanza dialettica del metafisico Cantor
[A·2·2] 2. Le richieste della produzione e l’astuzia della ragione scientifica
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TERMINI-CHIAVE
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• accrescibile (assoluto non accrescibile)
• antinomia (antinomie)
• antitesi
• aristotelico (divieto aristotelico)
• assoluto (Assoluto = Non accrescibile)
• ateismo (ateismo naturale)
• automatico (procedimenti automatici; calcolatori elettroniciª, automazione della produzioneª)
• autonomia (autonomia della scienza)
• calcolatore (macchine calcolatrici)
• cardinale (numeri cardinali transfiniti)
• computabilità
• ‹computer› (‹computers›)
• conoscenza (conoscenza di fenomeni e processi)
• contestazione (contestazione del 1968)
• contraddittorietà (contraddittorietà dell’Assoluto)
• critica (Kant)
• depressione (di Cantor)
• dialettica (filosofia dialettica, limiti della dialettica)
• Dio (prova dell’esistenza di Dio, Anselmo d’Aosta; Dio contraddittorio; Dio-Evoluzione, Dio-Speranza)
• enigma (enigma antropologico, enigma della natura, Bloch)
• errore (errore in metafisica)
• esigenza
• essere (anzi: Essere Assoluto, Esistente in Atto Onnicomprensivo)
• evoluzione (teoria dell’evoluzione naturale, Darwin)
• fede (atto di fede)
• filosofia (filosofia dialettico-materialistica, filosofia cristiana)
• hilbertiano (formalizzazione hilbertiana)
• idealismo
• ideologia (ideologie dominanti)
• illusione (illusioni)
• immagine (della Totalità come esigenza?)
• infinito (infinito in atto, infinito attuale)
• insensato (insensata)
• insieme (teoria generale degli insiemi)
• materialismo (materialismo dialettico, materialismo meccanico, materialismo storicoª)
• metafisica
• neutralità (neutralità della scienza)
• ontologia (onto-logia = “scienza dell’essere”)
• ontologico (prova ontologica)
• operativismo (operativismo empiristico)
• ordinale (tipi ordinali transfiniti)
• paradosso (paradossi)
• pensiero (pensiero scientifico, sviluppo del pensiero)
• pragmatismo convenzionalistico
• produzione (esigenze della produzione)
• proiezione (proiezione religiosa, Bloch)
• ragione
• razionalismo formalistico
• religione
• ricorsività
• rivoluzione (rivoluzione scientifica)
• sopramondo (sopramondo di entità razionali)
• spirito (Spirito infinito)
• teleologia
• teologia (teologia cristiana del Novecento)
• totalità
• transfinito (transfiniti = infiniti attuali di potenza crescente, teoria del transfinito)
• trasformazione (filosofia della trasformazione del mondo, Bloch)
• unità (unità cosmica)
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(ª) espressione non esplicitamente contenuta nel testo.


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AUTORI E OPERE, PERSONAGGI, STUDIOSI
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• Agostino (sant’Agostino)
• Anselmo (Anselmo d’Aosta, 1033/34-1109: prova ontologica?)
• Archimede
• Arimane (divinità o spirito del Male/Menzogna/Tenebre nello Zoroastrismo)
• Aristotele
• Barth (Karl Barth, pensatore evangelico)
• Bismarck
• Bloch (Ernst Bloch: ‹Principio-speranza›; ‹Dialettica e speranza›)
• Blondel
• Boldrighini (Carlo Boldrighini)
• Burali-Forti
• Calvino (riformatore religioso francese, il Dio di Calvino)
• Cantor (Georg Cantor, m. 1918)
• Cristo
• Darwin (teoria della evoluzione naturale)
• Democrito
• Dio (Dio-Evoluzione, Dio-Speranza)
• Dühring (Eugen Dühring)
• Engels (Friedrich Engels: ‹Antidühring›)
• Esser (padre Thomas Esser)
• Franzelin (padre Franzelin)
• Galileo (Galileo Galileiª)
• Gutberlet (Constantin Gutberlet)
• Hale (Robert Hale, teologo camaldolese americano)
• Hegel (il Dio di Hegel)
• Hilbertª (formalizzazione hilbertiana)
• Kant (‹Critica della ragion pura›)
• Labriola (Antonio Labriola)
• Leopardi (‹Zibaldone›)
• Marchetti (Federico Marchetti)
• Marx
• Moltmann (Jürgen Moltmann, teologo protestante, tedescoª: ‹Teologia della speranza›)
• Ormea (Ferdinando Ormea: ‹Teilhard De Chardin - Guida al pensiero scientifico e religioso›)
• Ormuz (divinità o spirito del Bene/Verità/Luce nello Zoroastrismo)
• Parmenide (il Dio di Parmenide)
• Pascal (Blaise Pascal, “scommessa”)
• Platone
• Poincaré
• Rahner (Karl Rahner, il Dio di Karl Rahner, il “Futuro Assoluto”)
• Russell
• Teilhard (Pierre Teilhard de Chardin, 1881-1955, gesuita francese)
• Tertulliano (‹credo quia absurdum›)
• Tommaso (san Tommaso)
• Turing (macchine di Turing)
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(ª) riferimento o dettaglio non esplicitato nel testo.


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COMMENTO
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I tentativi di dimostrare l’esistenza di Dio a partire da quella del mondo furono sostanzialmente abbandonati dopo la critica di Kant e la teoria dell’evoluzione naturale di Darwin; la “prova ontologica” (Anselmo d’Aosta, XI sec.) pretende invece di ricavare l’esistenza di Dio da quella del pensiero di un Assoluto nella nostra mente; le elaborazioni di Cantor portano però alla conclusione che un “infinito in atto” non può mai essere considerato assoluto (non ulteriormente accrescibile), pena inevitabili antinomie. La conclusione di LR (mediata anche da una riflessione tratta dallo ‹Zibaldone› di Leopardi) è che Dio esiste, ma è contraddittorio [sic!].

L’affermazione che un Dio non può che essere contraddittorio può essere utilizzata: (1) per confermare la fede (‹credo quia absurdum›); (2) per contrapporre 2 assoluti (Dio e Nulla, Essere e Non-Essere, Bene e Male, Ormuz e Arimane dello zoroastrismo); (3) per affermare la non-esistenza di Dio (quello che LR chiama “ateismo naturale”); tuttavia nessuna di queste opzioni interessa LR, il quale fa notare che non c’è modo di sopprimere nella mente dell’essere umano l’idea di una Totalità, dell’Assoluto (sebbene dichiari di disapprovare la “personalizzazione” antropomorfica di questa categoria).

L’idea della contraddittorietà di Dio può condurre a 2 concezioni che LR trova congeniali:
• il Dio-Evoluzione (Teilhard de Chardin);
• il Dio-Speranza (Jürgen Moltmann, che si richiama al “principio-speranza” di Bloch).

Ernst Bloch sviluppò il materialismo storico di Marx (ed Engels?) accentuandone gli aspetti dialettici: «[…] comincia per mezzo di Marx […] la trasformazione della filosofia in filosofia della trasformazione del mondo. La filosofia non è più filosofia ‹se non è dialettico-materialistica›, ma […] ‹il materialismo dialettico non è tale se non è filosofico› […]».

— § —

È noto che Cantor soffriva di terribili crisi depressive, uno sbocco delle quali era il tentativo di far confluire le sue teorizzazioni nella ‹filosofia cristiana›; la sponda religiosa come approdo di un’esistenza problematica è purtroppo un esito assai comune in chi soffre di problemi psichici. Nello stesso periodo in cui Cantor rivoluzionava la matematica professando una filosofia e un metodo dichiaratamente metafisici, Engels (di cui LR si dichiara discepolo) dimostrava, criticando i socialisti dell’epoca, la inadeguatezza scientifica della impostazione metafisica; ma la critica di Engels va applicata – secondo LR – anche al pensiero di Engels, per cui si può concludere che avevano ragione entrambi, Cantor ed Engels.

Fu la “Germania di Bismark e dei due Guglielmi” a dare grande impulso alla “rivoluzione scientifica”, finalizzandola allo sviluppo tecnologico ed economico, ed accentrando i centri di ricerca nella capitale, Berlino. Cantor venne lasciato ai margini, ma furono proprio le sue teorie, “per reazione”, a stimolare gli straordinari sviluppi del XX secolo, i calcolatori elettronici e l’automazione di molti processi produttivi (per finire alla finanza, ma LR non ha potuto assistere alla nascita delle valute elettroniche). I dibattiti sulla “neutralità” della scienza sono ormai logori (lo erano già negli anni Ottanta, quando fu scritto il volume), ciò che conta è la sua “autonomia”; la scienza, pur essendo chiaramente funzionale allo sviluppo di concetti e teorie da applicare ai processi produttivi e sociali, mostra di seguire una propria logica, che spesso sfugge al controllo e alle direttive delle ideologie dominanti.


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ESTRATTI
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[] extra (inizio)
La ipotesi del «teorema di sant’Anselmo» non è quindi mai verificabile senza contraddizione; perciò, sulla base della analisi dell’infinito attuale che siamo andati svolgendo, il risultato conclusivo appare il seguente:

Se Dio è Assoluto in atto, se è ciò del quale nulla di più grande si può pensare, Dio esiste sì, ma è contraddittorio›. Dobbiamo fermarci un poco, per mettere da parte le interpretazioni di questo risultato finale che non ci interessano.

In primo luogo›. Non ci interessa la posizione di coloro che dicono: «si, Dio è contraddittorio, ‹credo quia absurdum› – credo perché è assurdo», parafrasando il vecchio Tertulliano.

•[A·1·15]•
In secondo luogo›. Non ci interessa la sostituzione di due Assoluti, un Essere Assoluto e un Non-Essere Assoluto, una Totalità esaurita e presente di bene, una Totalità altrettanto tutta data e tutta presente di male, Dio e il Diavolo, Ormuz e Arimane. La contraddittorietà, come abbiamo visto, sta nel concetto di Assoluto = Non accrescibile, e non nel fatto di pensare un ‹unico› Assoluto onnicomprensivo.

In terzo luogo›. Non ci interessa la interpretazione della contraddittorietà dell’Assoluto, di ogni «assoluto», come ‹prova della non esistenza di Dio›. Respingiamo quella che si potrebbe chiamare la ideologia dell’‹ateismo naturale› non meno delle teorizzazioni di una ‹teologia naturale›. Il nostro discorso non è chiuso, si riapre con un interrogativo che potremmo riassumere e semplificare nel modo che segue:

«‹Dio è così, o Dio non è così?›».


L’idea di Totalità implica necessariamente, o no, quella di un Ente Totale in atto, già dato, non accrescibile? Il nostro discorso riprende con una constatazione: l’idea, la categoria mentale di Totalità non pare esorcizzabile, essa si ripresenta a noi in nuove forme quando abbiamo dimostrato inconsistenti quelle tradizionali, ma si ripresenta.
«Le illusioni per quanto siano illanguidite e smascherate dalla ragione, tuttavia restano ancora nel mondo, e compongono la massima parte della nostra vita. E non basta conoscer tutto per perderle, ancorché sapute vane. E perdute una volta, né si perdono in modo che non ne resti una radice vigorosissima, e continuando a vivere, tornano a rifiorire in dispetto di tutta l’esperienza, o certezza acquistata».

Questo pensiero dello ‹Zibaldone› di Leopardi è tanto bello che non rinuncio a citarlo benché non sia del tutto congruo a quello che ho in mente quando parlo di una vera e propria impossibilità della mente umana di escludere a priori, come insensata in ogni sua possibile interpretazione, la categoria della Totalità.

•[A·1·19]• extra (fine)
Leopardi parla di «illusioni»; io considero invece qui la categoria della Totalità non come una ‹illusione› con inestirpabile «radice vigorosissima», bensì come di una esigenza alla quale non possiamo radicalmente rinunciare, che non possiamo non riproporci, e con tanta più forza quanto più consistente è stata la dimostrazione di inconsistenza di questa o quella sua immagine. Non ho difficoltà a parlare di «Dio» quando intendo «Totalità», pur dichiarando onestamente che, mentre ritengo possibile pensare, anzi impossibile non pensare, alla categoria della Totalità, considero un residuo antropomorfico la ‹personalizzazione› della categoria stessa. Neppure sulla questione del Dio-Persona ritengo però possibile una dimostrazione di non-esistenza. Si tratta, come dice Blaise Pascal, di una «scommessa».



— § —

•[A·1·33]• extra!
Il marxismo come ‹materialismo storico›, come interpretazione della storia, non implica in alcun modo l’ateismo, checché ne dicano i marxisti dogmatici o i cristiani integralisti. Lo dimostra il semplice fatto che molti pensatori si proclamano oggi ‹insieme› cristiani e marxisti: cristiani nella concezione generale del mondo, marxisti nella interpretazione della storia. Ernst Bloch, recentemente scomparso in tarda età, era nato a Ludwigshafen, in Germania, nel 1885. Costretto all’esilio, negli Stati Uniti, nel 1938, Bloch, marxista e comunista, tornò nel 1949 in Europa accettando la cattedra di filosofia offertagli a Lipsia dalla Germania socialista. Ma la vittoria del dogmatismo e del «monolitismo» nella Repubblica democratica tedesca lo costrinse a un nuovo trasferimento nel 1961, nell’altra Germania, a Tübingen.


— § —

•[]• extra!
«Per il metafisico le cose e le loro immagini riflesse nel pensiero, i concetti, sono oggetti isolati di indagine, da considerarsi successivamente e indipendentemente l’uno dall’altro, fissi, rigidi, dati una volta per sempre. Egli pensa per antitesi assolutamente immediate; il suo parlare è: sì, sì; no, no. Quello che c’è di più viene dal maligno. Per lui, una cosa esiste o non esiste; ugualmente è impossibile che una cosa nello stesso tempo sia se stessa e un’altra. Positivo e negativo si escludono reciprocamente in modo assoluto; causa ed effetto stanno del pari in rigida opposizione reciproca […]. La maniera metafisica di vedere le cose, giustificata e perfino necessaria in campi la cui estensione è più o meno vasta a seconda della natura dell’oggetto, tuttavia, ogni volta, urta prima o poi contro un limite, al di là del quale diventa unilaterale, limitata, astratta e si avvolge in contraddizioni insolubili, giacché, per le cose singole, dimentica il loro nesso, per il loro essere, dimentica il loro sorgere e tramontare, per il loro stato di quiete, dimentica il loro movimento; giacché, per vedere gli alberi, non vede la foresta».
Queste frasi famose di Friedrich Engels furono pubblicate nella prefazione del suo ‹Antidühring›, il volume che raccoglie gli articoli contro la filosofia e la concezione del socialismo di Eugen Dühring, libero docente all’Università di Berlino, che apparvero dal 3 gennaio 1877 al 7 luglio 1878 sul ‹Vorwärts› (Avanti), organo centrale del Partito socialdemocratico tedesco.

•[A·2·1·8]•
Esattamente nel 1877, Georg Cantor pubblica una sua memoria fondamentale sull’infinito attuale, nel ‹Journal für Mathematik› di Berlino, intitolata: ‹Ein Beitrag zur Mannigfaltigkeitslehre› (Un contributo alla teoria degli insiemi). Nello stesso paese, nella stessa città, nello stesso anno, mentre Engels dimostrava la inadeguatezza scientifica della impostazione metafisica, Cantor otteneva uno dei più grandi progressi di pensiero del secolo professando una filosofia e un metodo dichiaratamente metafisici.

Se vogliamo essere buoni allievi di Engels, ed io personalmente considero il compagno di Marx uno dei miei grandi maestri, dobbiamo applicare il pensiero di Engels anche al pensiero di Engels. Non dobbiamo ragionare per «antitesi assolute e immediate», il nostro parlare non deve essere «sì, sì; no, no». Non dobbiamo attribuire valore assoluto neppure alle affermazioni di Engels; e questo significa, senza contraddizione dal punto di vista di una filosofia dialettica, riconoscere i limiti della dialettica e non solo quelli della metafisica, e comprendere il valore positivo che può avere ‹anche› una impostazione metafisica nella scienza. Non diremo perciò che aveva ragione ‹aut› Engels, ‹aut› Cantor: avevano ragione ‹tanto› Engels ‹quanto› Cantor.

Cantor era mosso da motivazioni ontologiche, anzi, a quanto abbiamo visto, addirittura teologiche, nel chiedersi se l’infinito attuale fosse una categoria intellegibile da ammettere o da respingere. Concependo gli insiemi infiniti (e finiti) in senso realistico-platonico, come dati fissi e immutabili di ragione, Cantor riesce a confrontarli, a classificarli, superando antinomie classiche, col ridurle a paradossi. La sua «maniera metafisica di vedere le cose urta» a un certo punto contro un limite. Lo abbiamo visto nell’ultimo capitolo della sesta parte («Costruibile e pensabile»): la risposta alla ipotesi del continuo, non potendo essere «sì, sì; no, no», è preclusa al grande pensatore che ha posto la domanda.

È anche vero che la impostazione filosofica di Cantor lo conduce a una «contraddizione insolubile» nell’ambito del pensiero metafisico: la antinomia della «classe totale» che Cantor stesso vede ma non risolve. Engels, quindi, ha ragione se si considerano i tempi lunghi di sviluppo del pensiero; ha ragione però Cantor se si fissa l’attenzione su di un problema circoscritto, quello dei cardinali e degli ordinali transfiniti.

•[]• extra!
Io ritengo che ‹sempre› l’indagine scientifica, e in particolare la ricerca matematica, implichi un certo grado di «sì, sì; no, no», di definizioni e separazioni nette e unilaterali, da accettare entro limiti ben circoscritti, e da criticare invece da un dato livello in poi. Qui però il problema che pongo, nell’ambito della filosofia materialistico-dialettica, è più circoscritto, ed è quello del non esaurimento della fecondità scientifica delle motivazioni metafisiche. Il filosofo materialista e dialettico deve, a mio avviso, appunto perché dialettico, prestare una costante attenzione critica (ma l’aggettivo critico è talmente ovvio da apparire addirittura superfluo) ai problemi che vengono posti al di fuori della dialettica materialistica, da altre filosofie, che pur egli giudica parziali e unilaterali, si tratti dell’operativismo empiristico, del razionalismo formalistico, o, appunto, della metafisica alla ricerca dei Princìpi, dell’Essere, del Tutto. Abbiamo cercato di far ciò nella prima appendice, prendendo sul serio, sull’esempio del grande marxista critico Ernst Bloch, alcuni indirizzi del pensiero teologico moderno e contemporaneo, alcuni approcci al problema della Totalità, che il pensatore marxista e dialettico non può accantonare e rimuovere, anche se non si tratta di problemi che nascono dall’interno della sua tematica e della sua metodologia. La superiorità del metodo dialettico-materialistico è insomma da vedere nella capacità che esso dà di superare i limiti di altri metodi e di altre impostazioni, il che accade in modo serio e valido solo se di essi si coglie il nucleo razionale e l’ambito di validità.


— § —

•[A·2·2·3]• extra…
I transfiniti di Cantor aprono una crisi dei fondamenti, che impone tra l’altro una definizione rigorosa di cosa significhi ‹costruibile›. Senza quella crisi, non vi sarebbe stato lo sviluppo delle teorie della computabilità, della ricorsività, della traducibilità o meno in procedimenti automatici di concetti e calcoli (macchine di Turing). Senza gli accennati sviluppi matematici teorici del costruttivismo filosofico, non sarebbe stato possibile al matematico-ingegnere e all’ingegnere-matematico costruire ‹computers›. Il grande Poincaré, quando dall’alto della sua saggezza di matematico costruttore irrideva la «logistica», aveva torto, era cattivo profeta. La metafisica di Cantor, alla lunga, avrebbe contribuito al decollo di una nuova rivoluzione tecnico-scientifica più del pragmatismo convenzionalistico di Poincaré.


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ANNOTAZIONI E SPUNTI
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•[A·1·15]• «[…] Ormuz e Arimane […]»: si tratta delle due divinità antitetiche (una del Bene, l’altra del Male) dello Zoroastrismo – anche noto come Mazdeismo.

•[A·1·19]• «[…] la categoria della Totalità non come una ‹illusione› […] bensì come di [sic!] una esigenza […] che non possiamo non riproporci, e con tanta più forza quanto più consistente è stata la dimostrazione di inconsistenza di questa o quella sua immagine»: a parte quel “di” che non ha una funzione nel discorso, ma richiama il “parlare” di Leopardi all’inizio del cpv. e che lasciamo marcato con [sic!], cosa sta dicendo LR? La “Totalità” come una nostra “esigenza” che assume “questa o quella immagine”? Eppure Marx non parlava di “alienazione religiosa”? E allora com’è che un marxista (seppure engelsiano) finisce per considerarla “esigenza”?
NOTA: rileviamo inoltre come sia l’unico passo in cui compare il termine “immagine”, e compare in un contesto di discorso manifestamente religioso; ora noi sappiamo che il monoteismo nasce – come il ‹lógos› e quasi contemporaneamente ad esso – per abolizione (annullamento?) delle immagini, e che queste vengono recuperate, con finalità essenzialmente propagandistica, solo nel cristianesimo. Sembrerebbe dunque che il discorso di LR intenda giustificare («non possiamo non riproporci») proprio questa deriva di parziale recupero dell’idolatria che avviene nel cristianesimo.

•[A·1·33]• «Il marxismo come ‹materialismo storico› […] non implica in alcun modo l’ateismo […] Lo dimostra il semplice fatto che molti pensatori si proclamano oggi ‹insieme› cristiani e marxisti»: non è una dimostrazione – si potrebbe ribattere parafrasando la storiella della nota 2 del capitolo 4.4. ‹Una seconda scala infinita di infiniti: gli ordinali transfiniti›; sono trascorsi quasi 40 anni dalla prima edizione del volume, nel frattempo i regimi comunisti dell’Est sono crollati o sono divenuti irriconoscibili, in Italia il partito comunista è scomparso e i pochi marxisti rimasti non stanno neppure molto bene; l’intera sinistra sembra smarrita e collassata, così sembra logico ipotizzare che i “pensatori” cui si riferisce LR avessero semplicemente le idee confuse. In questo, però, erano solo i precursori di un crollo che era ormai nell’aria, oppure ne sono stati artefici attivi?

•[A·2·1·8]• Nel testo originale: «[…] nel ‹Journal fur› [sic!] ‹Mathematik› di Berlino […]», è un evidente refuso, manca l’Umlaut su “für”; corretto.

•[A·2·2·3]• «I transfiniti di Cantor aprono una crisi dei fondamenti […] Senza quella crisi […] non sarebbe stato possibile al matematico-ingegnere e all’ingegnere-matematico costruire ‹computers›»: però pare che già in epoca ellenistica (2000 anni prima delle teorizzazioni di Cantor) fossero stati realizzati automi anche piuttosto sofisticati, per quanto ovviamente senza elettronica, basati principalmente su dispositivi meccanici.
•[ivi]• «Il grande Poincaré, quando […] irrideva la “logistica”, aveva torto, era cattivo profeta»: vedi la citazione posta a esergo della Parte quinta:
La logistica non è più sterile, ha generato le contraddizioni.
Henri Poincaré
nonché la nostra annotazione al cpv. 5·0·0.

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[] Lucio Lombardo Radice, ‹L’infinito›, Editori Riuniti (1981), 2006.
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