LombardoRadice·L • infinito §3 • I primi paradossi dell’infinito

Parte terza. I primi paradossi dell’infinito



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3. Parte terza. I primi paradossi dell’infinito [pp. 37-48]
3.1. I paradossi dell’infinito potenziale: Achille non raggiunge mai la tartaruga [pp. 38-41]
3.2. Il primo paradosso dell’infinito attuale: una parte non può essere «uguale» al tutto [pp. 42-48]
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TERMINI-CHIAVE
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• atomo (atomi)
• biunivoco (corrispondenza biunivoca)
• continuo (il continuo)
• definizione (definizione dell’infinito, Dedekind)
• greco (cultura greca)
• indivisibile (geometria degli indivisibili)
• infinitesimo (infinitesimi non quanti, o evanescenti)
• infinito (l’infinito, infinito potenziale, infinito attuale)
• insieme (insiemi infiniti)
• limite
• moto (impossibilità del moto)
• numero (numeri interi)
• paradosso
• quadrato (interi “quadrati”)
• rapporto (“proportione”)
• teoria (teoria dei limiti, Weierstrass)
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(ª) espressione non esplicitamente contenuta nel testo.


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AUTORI E OPERE, PERSONAGGI, STUDIOSI
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• Achille (nel paradosso di Zenone)
• Aristotele (384-322 a.e.v.: ‹Fisica›, ‹Analitici Secondi›)
• Bolzano (Bernhard Bolzano: ‹Paradossi dell’infinito›, 1851)
• Cantor (Georg Cantor)
• Cavalieri (Bonaventura Cavalieri: ‹Geometria degli indivisibili›)
• Dedekind (Richard Dedekind)
• Diogene
• Galilei (Galileo Galilei: ‹Nuove scienze›)
• Leibniz
• Pitagoraª (i pitagorici)
• Sagredo (Gianfrancesco Sagredo, in ‹Nuove scienze›)
• Salviati (Filippo Salviati, in ‹Nuove scienze›)
• Simplicio (aristotelico, in ‹Nuove scienze›)
• Weierstrass (Karl Weierstrass, 1815-1897)
• Zenone (Zenone di Elea, ~500 a.e.v.)
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(ª) riferimento o dettaglio non esplicitato nel testo.
(ⁿ) menzionato nelle didascalie.


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COMMENTO
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Il celebre paradosso di “Achille e la tartaruga”, che risale a Zenone di Elea, riguarda l’infinito “potenziale”, in quanto il percorso viene suddiviso in parti sempre più brevi (ma sempre finite); però – e la cosa non poteva sfuggire allo stesso Zenone – la somma di queste infinite parti non è affatto infinita, dal che LR ipotizza che il vero obiettivo di Zenone non fosse, come comunemente si afferma, dimostrare l’impossibilità del moto, bensì confutare le tesi dei pitagorici, secondo i quali il continuo (lo spazio) era costituito di punti (atomi) di dimensione finita.

Diversi paradossi tratti dalle ‹Nuove scienze› di Galilei riguardano invece l’infinito “attuale”: (1) quello degli interi “quadrati”, che sarebbero tanti quante le loro “radici”, ma evidentemente meno della totalità degli interi, che sono le loro radici; (2) quello delle 2 ruote concentriche e solidali (che già si trova in Aristotele). Galilei conclude che non è possibile ragionare di “maggiore” e “minore” tra infiniti. Bolzano, che in ‹Paradossi dell’infinito› (1851) ne propone anche altri esempi, afferma invece che non c’è contraddizione nello stabilire una corrispondenza biunivoca tra elementi di un insieme e quelli di un suo sottoinsieme se entrambi sono infiniti, se cioè non si può trovare in essi un “ultimo elemento”. Qualche decennio dopo, sarà Dedekind a trasformare questa proprietà in una vera e propria “definizione” dell’infinito.


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ESTRATTI
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•[3·2·17]•
L’atteggiamento di Bernhard Bolzano di fronte all’infinito e in particolare al «paradosso del tutto e della parte», è profondamente diverso da quello di Galilei. La possibilità di riunire in coppie le parti di due insiemi, osserva Bolzano, «è certamente sufficiente, nel caso in cui tali insiemi sono finiti, a stabilire la perfetta uguaglianza di quel che riguarda la molteplicità delle loro parti (riguardo cioè al numero dei loro elementi)». Ora «può sembrare che ciò debba accadere anche quando gli insiemi, anziché finiti, siano infiniti». Ma a rifletterci bene questo non può essere vero. Immaginiamo di stabilire che due insiemi sono uguali perché «hanno la stessa molteplicità», contengono lo stesso numero di elementi. Partiamo dall’insieme A e numeriamo successivamente ogni suo elemento, fino ad arrivare, se c’è, all’ultimo elemento, n. Diremo allora che il numero delle cose dell’insieme A è uguale a n. Passiamo ora all’insieme B e numeriamo i suoi elementi per vedere se possono essere messi a uno a uno in corrispondenza con quelli di A. Questo sarà possibile se alla fine della numerazione avremo trovato che gli elementi di B sono anch’essi pari a n. In questo caso diremo che gli insiemi sono composti dallo stesso numero di elementi.

«Questa conclusione evidentemente non vale più, quando l’insieme delle cose di A è un insieme infinito»: in questo caso, infatti, non possiamo arrivare mai a un’ultima cosa di A perché, essendo infinito, non può esistere. Non possiamo mai raggiungere l’‹ultimo› elemento di A.

Tra un insieme ‹infinito› B e una sua parte ‹infinita› A non c’è, insomma, alcun paradosso nello stabilire una corrispondenza biunivoca. Siamo molto al di là di Galileo; siamo a un passo dalla definizione dell’infinito come possibilità di stabilire una corrispondenza biunivoca tra il tutto e una sua parte propria, che darà Richard Dedekind qualche decennio dopo. Come vedremo nella successiva parte quarta, quella centrale, nella quale, insieme con Dedekind, il grande protagonista è Georg Cantor.


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ANNOTAZIONI E SPUNTI
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•[3·2·17]• «Siamo molto al di là di Galileo […]»: i paradossi “ingenui” dell’infinito potenziale e di quello attuale verranno superati da una formulazione più rigosa del concetto di infinito da parte di Bolzano, Cantor e Dedekind.


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SUGGERIMENTI DI LETTURA
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• Bernhard Bolzano, ‹Paradossi dell’infinito› (1851).

• Galileo Galilei, ‹Nuove scienze› (1638).

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[] Lucio Lombardo Radice, ‹L’infinito›, Editori Riuniti (1981), 2006.
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