Graves·R, Patai·R (miti ebraici) 7 • Il Reem e lo Ziz

7. Il Reem e lo Ziz


Sommario ••▶ (testo)
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◀•• 7. Il Reem e lo Ziz [pp. 63-67]
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TERMINI-CHIAVE
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• banchetto (banchetto dei giusti)
• gallina (gallina-Ziz)
• Reem (mostruoso toro selvaggio)
• Tishrì (mese)
• toro
• uovo
• vacca
• vitello (vitelli gemelli)
• Ziz (mostruoso volatile)
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(ª) grafia non contenuta nel testo.


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TRASLITTERAZIONI
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• ‹zeh› (questo, quello?)


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TOPONIMI
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• Gennesaret (lago di Gennesaret, = Tiberiade)
• Giordano (fiume)
• Susita
• Tabor (monte Tabor)
• Tiberiade
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(ª) grafia o informazione non contenuta nel testo.


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AUTORI OPERE E PERSONAGGI
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• Bar-Hana (bar Bar-Hana, rabbino che viaggiò fino ai confini della terra)
• Behemoth
• David (re David)
• Dio
• Hiyya (Hiyya bar Rabha, rabbino)
• Leviathan
• Noè
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(ª) riferimento o dettaglio non esplicitato nel testo.
(ⁿ) riferimento o dettaglio esplicitato in nota o nella bibliografia.


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ESTRATTI
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d) Molte generazioni più tardi, il rabbino bar Bar-Hana [sic!], famoso viaggiatore, vide un Reem, nato quello stesso giorno, più grande del monte Tabor: il solo collo era lungo tre leghe. Il letame che esso. lasciò cadere nel Giordano fece straripare il fiume.
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e) La stirpe dei Reem sarebbe finita nelle acque vorticose, se Noè non avesse salvato due dei suoi piccoli. Non trovò posto per loro nell’arca, ma legò le loro corna alla poppa, in modo che le narici si appoggiassero sulla tolda. In tal modo essi nuotarono dietro l’arca, lasciando un risucchio che si allargò tanto da superare la distanza fra Tiberiade e Susita, sulla riva opposta del lago di Gennesaret.
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f) Al tempo del rabbino Hiyya bar Rabha, un Reem appena nato arrivò in Israele e sradicò tutti gli alberi della regione. Venne ordinato un digiuno, e il rabbino Hiyya pregò Dio di liberarli; subito la madre del vitello muggì dal deserto ed esso la raggiunse.
•[7·0f·1]• ±?


— § —


g) Lo Ziz è così chiamato perché il suo corno ha molti diversi sapori. Ha il sapore di questo (‹zeh›) e di quello (‹zeh›). È un uccello pulitissimo, mangiabile, e capace di istruire l’umanità sulla grandezza di Dio.


— § —


j) Lo stesso Bar-Hana riferisce che, durante un viaggio in mare, insieme con i suoi compagni vide uno Ziz in mezzo all’oceano; le onde tuttavia gli bagnavano soltanto le caviglie. «Pensammo che il mare fosse basso», scrive Bar-Hana, «ci preparammo a sbarcare e a fare un bagno. Ma una voce divina ci ammonì: ‘Sette anni fa il falegname di un vascello lasciò cadere in mare la sua ascia e ancora non ha toccato il fondo!’»


k) Esiste anche una gallina-Ziz. Sebbene abbia gran cura dell’immenso e unico uovo che una sola e unica volta le è concesso di covare, le capitò di farne cadere uno, guasto, e il suo contenuto puzzolente soffocò sessanta città e travolse trecento alberi di cedro.
•[7·0k·1]• ±?


l) In conclusione, lo Ziz condivide la sorte del Leviathan e di Behemoth: quella di essere macellato e di essere servito al banchetto dei giusti .


— § —


1. Balaam, nella sua benedizione, paragona la forza incomparabile di Dio a quella di un Reem (‹Numeri› XXIII 22; XXIV 8) e Mosè si serve della stessa metafora nella sua benedizione a Giuseppe (‹Deuteronomio› XXXIII 17). Secondo Doughty, nella sua ‹Arabia Deserta›, il Reem dell’Arabia del nord, sebbene chiamato «bue selvatico», o bufalo, è una grossa, agilissima antilope (‹beatrix›), la cui carne è considerata dai Beduini migliore di tutte le altre. Le sue lunghe corna diritte possono trafiggere un uomo e il cacciatore arabo si tiene a debita distanza finché le sue frecce non lo abbiano colpito a morte. Con il cuoio di un grosso maschio si fabbricano ottimi sandali e le sue corna servono come picchetti per le tende.
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Quando il Reem della Palestina è andato estinguendosi nei lontani tempi biblici, e le sue corna venivano importate dall’Arabia come una rarità, i Settanta della traduzione greca del terzo secolo a.C. intesero il Reem come un ‹monokeros› «unicorno», confondendolo così con il rinoceronte che ha un corno solo. Il paragone di Balaam tra la forza di Dio e quella del Reem fece sì che questo sembrasse più gigantesco di quanto fosse in realtà. L’episodio dell’arca di Noè risponde a una domanda dei discepoli: «Come mai il Reem, se è tanto enorme da non essere contenuto nell’arca, non affogò durante il diluvio?


2. Il significato originale di ‹ziz› (nella frase ‹ziz sadai›, «ziz del campo»; ‹Salmi› I 11 e LXXX 14) sembra sia stato «insetto» o forse «locusta», dal vocabolo accadiano ‹zizanu› o ‹sisanu›. Ma quando comparve la traduzione greca dei Settanta, questo parve dimenticato e venne tradotto nel primo ‹Salmo› come «frutto del campo», benché nell’ottantesimo ‹Salmo› sia tradotto come «asino selvatico». La Vulgata latina di san Gerolamo (completata nel 405 d.C.) mutò il «frutto del campo» della versione greca, in «bellezza del campo»; e «asino selvatico» in «strano animale». Il Targum aramaico e il Talmud, d’altra parte, descrivono lo ‹ziz› come un ‹tarnegol bar› («gallo selvatico») o ‹ben netz› («figlio di un falco») oppure ‹sekhwi› («gallo»), o ‹renanim› («giubilo») o ‹bar yokhni› («figlio del nido») connettendolo con elaborati miti iraniani, con il gallo sacro di Avesta, con il ‹roc› o ‹rukh›, chiamato anche ‹saēna› o ‹simurgh›, delle ‹Mille e una notte› e del folclore persiano, che narrava come catturasse elefanti e rinoceronti per nutrire i suoi piccoli. Rashi di Troyes, studioso dell’undicesimo secolo, si avvicina al senso originale, descrivendo «un essere strisciante detto ‹ziz› perché, camminando, si sposta, ‹zaz›, da un lato all’altro».
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ANNOTAZIONI E SPUNTI
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•[7·0d·1]• Nel testo originario, «[…] il rabbino bar Bar-Hana [sic!], famoso viaggiatore […]»: la ripetizione di “bar”, una volta in minuscolo e la successiva in maiuscolo nel “cognome” potrebbe sembrare il risultato di un refuso; altrove, anche nello stesso capitolo (al punto j), lo stesso personaggio è chiamato semplicemente “Bar-Hana”, ma nell’Indice dei nomi in appendice è riportato «Bar-Hana (bar), rabbino», il che giustificherebbe il doppio “bar”; marcato con [sic!].
NOTA: in ogni caso, per ulteriori dettagli sul personaggio, si veda la pagina di wikipedia (in inglese): https://en.wikipedia.org/wiki/Rabbah_bar_bar_Hana.

•[7·0e·1]• «[…] Noè […] legò le loro corna [di 2 piccoli di Reem] alla poppa, in modo che le narici si appoggiassero sulla tolda»: ma non si era affermato, al punto b, che i 2 gemelli appena nati (un maschio e una femmina) si separavano subito per recarsi ai lati opposti della terra?

•[7·0f·1]• «[…] la madre del vitello muggì dal deserto ed esso la raggiunse»: ma non si era appurato, sempre al punto b, che la madre moriva dando alla luce l’unica coppia di gemelli (un maschio e una femmina)?

•[7·0k·1]• «Esiste anche una gallina-Ziz. Sebbene abbia gran cura dell’immenso e unico uovo che una sola e unica volta le è concesso di covare, le capitò di farne cadere uno, guasto […]»: si trattava evidentemente di un uovo extranumerario, altrimenti sarebbe stato l’unico – ma il testo afferma che un unico uovo può “covare”, non deporre – dal che si potrebbe dedurre che non possono nascere altri Ziz pulcini, o al limite ne potrebbe nascere soltanto uno, maschio oppure femmina, e quindi la coppia di Ziz dev’essere immortale, altrimenti come potrebbero le loro carni essere servite al banchetto dei giusti (vedi punto l)?
NOTA: a meno che, dall’enorme uovo, unico, non potessero nascere più Ziz, di cui almeno un maschio e una femmina. I sapienti cultori del midrash non sembra avessero molta dimestichezza con l’allevamento dei volatili (se la cavavano decisamente meglio coi bovini).

•[7·1·1]• «Balaam, nella sua benedizione […]»: Balaam è un personaggio controverso, indovino e stregone, menzionato nel Pentateuco, e la sua storia viene raccontata verso la fine del libro dei Numeri; si veda la pagina di wikipedia https://it.wikipedia.org/wiki/Balaam.

•[7·2·1]• «La Vulgata latina di san Gerolamo (completata nel 405 d.C.) mutò il “frutto del campo” della versione greca, in “bellezza del campo”; e “asino selvatico” in “strano animale”»: questo caso può dare un’idea di quanto possa essere cambiato un testo nella sequenza di traduzioni da una lingua all’altra, per quanto “sacro” fosse ritenuto il suo contenuto.

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[] Robert Graves, Raphael Patai (1963), ‹I miti ebraici›, Longanesi 1980-1998.
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